Un Rosa davvero verde
Non so se qualcuno abbia mai salito una cima del Monte Rosa, per esser precisi la Punta Gnifetti, con i suoi 4559 metri e la sua capanna Margherita, partendo in bici da Milano: immagino tuttavia che nessuno lo avesse mai fatto con uno stile così puro.
Gli amici Giovanni Ludovico Montagnani e Michele Dondi, attivisti con cui ho condiviso la grande esperienza di andare a Davos con gli sci ed altro, si sono trovati in piazza della Scala a Milano all’alba di sabato 27 giugno 2020, dopo essere partiti in bici dalle loro case carichi di tutto il necessario (sci e pelli di foca , scarponi, bastoni da sci, scarpe da ginnastica, corda, imbrachi, caschi, viveri e bevande), aver raggiunto la stazione ferroviaria più vicina e da lì la stazione centrale di Milano. Quindi in bici a piazza della Scala, il cuore simbolico della metropoli lombarda.
Nel pomeriggio, dopo una sosta a Varallo in gelateria, hanno raggiunto Riva Valdobbia per nulla scalfiti da un bel temporale, lasciato le bici da corsa a casa di amici, alleggerendoli nel contempo di 300 grammi di pasta, e via a piedi verso Alagna e poi su, fino ai 2400 metri della Bocchetta delle Pisse. Dopo una notte improvvisata, bivaccando alla dismessa stazione funiviaria, uno degli ecomostri abbandonati tra le nostre montagne, sono partiti col buio e sci ai piedi alla volta di Punta Indren, per raggiungere la Capanna Margherita poco dopo le 10 del mattino. Allo stesso modo sono ritornati, sciando, camminando e pedalando, alle loro case.
Da un punto di vista tecnico, cronometrico e sportivo, non è stata un’impresa, termine spesso usato a sproposito, infatti non mi soffermerò su chilometri, dislivelli e tempi, ma, da un punto di vista etico, è stato un “Viaggio” straordinario.
La rinuncia completa e reale a qualsiasi mezzo di trasporto, ad eccezione del treno per andare a Milano, l’assenza di mezzi di supporto per portare materiali, la totale autosufficienza, l’inquinamento Zero con emissione nulla di CO2, uniti allo spirito scanzonato ed avventuroso, hanno lasciato un segno, hanno scavato un solco da seguire.
“Allontanare le montagne”, il nome dato a questo nuovo approccio verso i monti, non deve tuttavia essere interpretato come un modus alla portata solo di superatleti allenatissimi e dalle grandi motivazioni, ma è applicabile, su scale diverse, da chiunque decida di fare outdoor con una nuova coscienza ecologica e la volontà di impegnarsi nella rinuncia dei mezzi meccanici alimentati da combustibili fossili. La Milano/Monte Rosa e ritorno “by fair means” vuole essere, in modo un po’ provocatorio, un esempio per una ripartenza post CoViD-19 che ponga in primo piano l’urgenza di porre un freno alla crisi climatica, con comportamenti individuali e di gruppo più responsabili e intelligenti.
Non serve andare in aereo in Nepal per vivere un’esperienza indimenticabile sulle cime dell’Himalaya: è possibile farlo in “Self sufficiency” sulle nostre montagne. E, ancor più banalmente, è possibile e doveroso cercare di andare al lavoro, a scuola, a fare la spesa, a comprare il giornale, a piedi o in bici. Solo in questo modo possiamo sperare di lasciare qualcosa ai nostri figli, che non siano consumismo, inquinamento e desolazione.
Articolo di Marco Tosi - Tecnologo alimentare, Guida Alpina, cammina lungo il tortuoso sentiero della trasformazione dei suoi lavori e della propria esistenza verso una riduzione dei consumi, degli sprechi e delle emissioni, verso il rispetto e la tutela per gli ambienti che lo circondano.