Roccaporletta paese dell’Amicizia

Roccaporletta era un ridente paesino in provincia del Mare. Aveva tutto: il mare sotto, la montagna dietro, la chiesa al centro, il calzolaio (specie in via d’estinzione), il macellaio, l’edicolante, la Banda Musicale dei Bambini pluripremiata e i numerosi litigi tra i paesani.
Ogni giorno il gazzettino di Roccaporletta riportava qualche assurda disputa tra paesani: il macellaio fa troppo rumore quando “batte” la carne; le campane della chiesa suonano troppo forte e al calzolaio viene l’orticaria; i bambini non possono andare a scuola a piedi per il chiasso che fanno quando camminano, il campetto da calcio non si può costruire perché i bambini non si possono mettere nei garage invece le auto a pagamento sì, inoltre l’erba del vicino cresce troppo poco e il cane abbaia troppo tanto.
Insomma, ogni pretesto era buono per fare una litigata!
L’unica cosa che i paesani tolleravano era la musica. Quando suonava la BMB la gente rimaneva a bocca aperta e non fiatava. Ascoltava con la mano al petto in segno di rispetto; zittiva pensando a quanto fosse bella quella musica ed annuiva ad occhi chiusi sognando un paese senza discordie.
La BMB, vinceva ogni gara, ogni concorso, tranne la prestigiosa Maratonfiato dove il premio era quello di suonare per una settimana intera.
−Oggi, annunciando la 100° Edizione della Maratonfiato, voglio ricordare che sarà l’anno decisivo! Sì, infatti se vinceremo la gara terminerà la “maledizione del litigio”, guadagnata nostro malgrado dal nostro concittadino Lodovico Trombasonora quando fece vincere, slealmente, la Gaglioffo Band!− aveva esordito il signor Sindaco, versando anche qualche lacrimuccia.
Tutti i presenti applaudivano ad ogni sua parola, per la verità il sindaco si scocciava un po’ perché doveva sempre fermarsi e sorridere, anche se approfittava del breve intervallo per dare un’energica soffiatona al naso, sintomo non solo di emozione ma soprattutto di malattia. E che malattia!
−Eetciù. Doddore dod riesco a smeddere di starnudire. Eetciù, Eetciù − diceva il suonatore del clarinetto cercando di trattenere tutti i virus nel fazzoletto.
−E io ho una gran tosse. Senta che roba!! – incalzava la piccola trombettista rumoreggiando come una cornamusa stonata.
Purtroppo anche il resto dei musicanti si era ammalato. Il virus che aveva messo a letto tutta la Banda e parte del paese di Roccaporletta era il famoso Grassusgrossusbacillusmalevolusmusicalis. Roba brutta!
Al Signor Sindaco ormai non restava altro che annunciare tristemente il ritiro della banda dalla Maratonfiato.
In paese intanto circolava voce che il virus Grassusgrossusbacillusmalevolusmusicalis l’avesse spruzzato in giro niente po’ po’ di meno che… il Pifferaio Magico, arrivato col primo treno dalla Germania, da Hamelin per la precisione.
−Sono stanco di portare avanti e indietro topi e bambini di tutte le misure! Voglio scrivere canzoni. Voglio fare il paroliere. Lavorerò con la Gaglioffo Band e siccome la pace e la concordia tra la gente non mi interessa darò una mano a distruggere la BMB! – Continuava il perfido mentre svuotava nel lavandino la bomboletta contenente il virus.
I bambini della BMB ormai non riuscivano più a suonare come prima, il loro fiato non era più in grado di soffiar via neppure le briciole dal tavolo, le dita non si muovevano più come una volta e le braccia erano molli come un budino venuto male.
Bisognava fare qualcosa, cercare una soluzione al danno, in altre parole bisognava farli guarire dall’influenza. Così il bibliotecario, che nel tempo libero segnava sul calendario quanti litigi c’erano stati in paese, ebbe la brillante idea di mettere un’inserzione sul giornale che più o meno faceva così:
Cercasi disperatamente dottore-mastro-musichiere in grado di far rivivere la benemerita Banda Musicale dei Bambini di Roccaporletta. Ricompensa da stabilire a guarigione avvenuta .
Risposero in molti ma nessun dottore-mastro-musichiere piacque.
I giorni trascorrevano più o meno velocemente, la febbre metteva a letto altri bambini e gli strumenti iniziavano a coprirsi di polvere mentre il Signor Sindaco si faceva sempre più cupo e preoccupato.
−Urge, urge, urge! – diceva ad alta voce mentre camminava avanti e indietro nel grande salone del Municipio.
−Non ho proprio idea di dove andare a scovare un maestro di musica!– pensava disperato mentre si tappava le orecchie per il gran fracasso che giungeva dalla piazza.
Un ragazzino che vendeva frutta a pezzettoni si era fermato proprio nella piazza e, dopo aver bloccato la bicicletta, continuava a pedalare per battere i piatti di una vecchia batteria mentre lui, acrobata 2.0, suonava con una chitarra elettrica.
Il Signor Sindaco si affacciò alla finestra con tutta l’intenzione di farlo star zitto, ma poi gli venne un’idea! Una magnifica idea.
−Ehi raaagazzino… Ssì ssì proprio tu, vieni qui un mooomento – urlò.
−Come ti chiami?
− Pedro Gonzales y Rodriguez, senor!
−Mmmm! Dal rumore che si sente mi pare di capire che ti piace la musica? − commentò con malcelata ironia.
−Ohh sì senor! La mussica es toda mi vida. Io suonerei anche mentre dormo, senor – rispose sospirando.
−Bene, bene, bene Pedro Gonzales y Rodriguez, ma sei nato già con tutta questa musica nel… nel… − al Signor Sindaco non veniva la parola
−…nel corasson, senor! Nel corasson! – lo anticipò con sussiego il piccolo chitarrista.
−Veramente sì, io soi nato con esta passion, ma un giorno mi sono ammalato e ho perso tutta la melodia…
−Oh santo cielo! – esclamò il Signor Sindaco con finta preoccupazione.
−Come hai fatto poi a recuperare la…la…
Il Sindaco si era di nuovo inceppato ma Pedro riprese a parlare con simpatica supponenza e, con gli occhi chiusi per darsi più tono, continuò
−Un mio avo: un cugino del don Chisciotte della Mancia… Lo conose, vero? – chiese il ragazzino sollevando tronfio il sopracciglio sinistro.
−Cooonosco, cooonosco, cooonosco− confermò il Signor Sindaco con le mani incrociate al petto e gli occhi socchiusi.
−Questo mio avo, dunque, scoprì due sciroppi : uno color rosso passione dal sabor dolce al punto giusto e l’altro color argento nato dalla schiuma delle onde del mare in una notte stellata e li fece bere al suo fido caballo Tondeggiante − continuò il giovane fruttivendolo.
Il signor Sindaco lo guardava un po’ perplesso, un po’ curioso e un po’ incredulo.
−Cooontinua, cooontinua, cooontinua − disse con un cenno calmo della mano.
−El caballo iniziò a cantare!
−Come iniziò a cantare? –si stupì il Sindaco.
−Sì sì, cantò a suo modo, nitrendo a suon di mussica! Cossì ho bevuto anch’io la bevanda musicale e adesso son aquì tutto meloddiossso.
Il Signor Sindaco non poteva credere alle sue orecchie. Finalmente davanti a lui c’era la risoluzione, il rimedio per far guarire la BMB.
−Ohh caaaro ragazzo, non sai che che gioia mi dai! – riprese euforico il Signor Sindaco trascinandolo per un braccio.
−Rrresta qui un momento e accccomodati. Io vado e torno − gli disse costringendolo sulla sedia.
Poco dopo il Signor Sindaco, il bibliotecario, la segretaria e l’assessore si avvicinarono al ragazzo.
−Bbbene signori, ecco chi ci darà una mano.
Ecco l’E-R-O-E!
Un applauso assordante riempì la sala. Pedro non aveva ancora capito cosa stesse succedendo quando un carrello pieno di dolci e cioccolata calda gli veniva servito sotto al naso.
−Caro, caro, caro… − il Sindaco si era di nuovo inceppato.
−Pedro, il mio nombre es Pedro, senor!
−Sì sì caaaro Pedro tu sei la nostra saaalvezza− e si sedette vicino al ragazzo con un sorriso ebete stampato sul viso.
Mentre la segretaria, di natura molto realista, chiese sospettosa dove li avesse trovati questi sciroppi miracolosi.
−Estos jarabes, questi sciroppi, si trovano nel Campo delle notas musicales, Campo delle Note Musicali. È mui lontano da aquì , ma con voglia e sientimento si può arrivare. Però, però…
−Peeerò cosa! – chiese spazientito il Signor Sindaco.
−Per vostra fortuna ne tengo un pochito aquì − concluse soddisfatto Pedro battendo la mano sul petto.
−Neeel cuore?
−Ma no, è per dire che li ho con me! Nel sellino del ciclo-frutta-mussicante!
Un sospiro di sollievo rese i presenti più tranquilli.
Finalmente tra un pasticcino e l’altro venne messo al corrente della brutta faccenda in cui era incorso l’intero paese, banda compresa. Pedro ascoltava con molta attenzione.
Alla fine ansioso e pieno di aspettative il Sindaco fece la domanda, anzi le domande!
−Bene Peeedro, allora cooosa ci rispondi? Ci daaarai una mano? Diiirigerai la BMB?
Deglutendo l’ultimo boccone e passandosi la mano sulla bocca per pulire l’ultima briciola, finalmente Pedro diede la sua adesione. Seguì un altro fragoroso applauso e tutti si abbracciarono felici e contenti.
Ora non restava che accompagnare il ragazzo dai musicanti.
−Calma!− frenò Pedro
−Devo recuperar el mio ciclo-frutta-mussicante.
−Vero, vero, vero caaaro ragazzo.
−Aaaccompagnate Pedro. Ssu ssu!− battendo le mani in segno di comando, il Signor Sindaco congedò tutti i presenti poi, con un balzo da atleta in sovrappeso, si lanciò sulla poltroncina asciugandosi la fonte.
−È fatta! È fatta! È fatta! Viiinceremo, viiinceremo, vinceremo. − E stremato dalla forte emozione si appisolò.
Dopo aver sistemato il suo ciclo-frutta - mussicante, Pedro fu sorpreso dall’arrivo di uno stuolo di ragazzini con il moccio al naso e lo strumento sotto braccio.
−Buenas dias cicos , io soi Pedro! –li salutò festoso.
−Ciao− risposero a stento gli ammalati.
Pedro, esuberante per questo compito inaspettato, somministrò immediatamente un po’ della medicina color rosso passione e intimò di fare dei gargarismi molto rumorosi cosicché potessero sprigionare delle bolle piene del virus Grassusgrossusbacillusmalevolusmusicalis.
Trascorse poche ore tutti i bambini felici come delle pasque per la quasi guarigione, presero finalmente posto per iniziare le prove per il concorso.
Non appena Pedro alzò la mano per dare la nota d’inizio, lo sconforto gli fece perdere il suo giovane sorriso spagnolo: le note che uscivano dagli strumenti cadevano a terra. Lo spettacolo a cui si assistette fu a dir poco straziante, un delirio, le orecchie si accartocciavano tristemente per non lasciar entrare neanche la nota più bassa.
−No, no. Porchè el medicinal non ha funzionato? Porchè? Ahiaiai che vida, che vida trista, che dolor… − Gridava in preda ad un attacco di disperazione acuta trascinando con sé tutti i bambini nella tristezza.
Le prove continuarono per ore. Pedro non dava tregua a nessun soffiatore di naso e nervosamente passava da un angolo all’altro della stanza in cerca di un’altra soluzione, ma niente! Ogni volta che i bambini si apprestavano a suonare, le note risultavano sempre più stonate.
Infine mestamente, con la consapevolezza che in paese non ci sarebbe stata più serenità, i giovani musicanti ritirarono i loro strumenti.
Tutto sembrava finito quando, per una strana rifrazione della luce su di un lacrimone del trombettista, Pedro vide luccicare qualcosa da una cassetta della frutta. Era la bacchetta infilata per sbaglio nel flacone color argento lasciato aperto.
Con un sorriso compiaciuto sistemò il libretto musicale, richiamò all’ordine trombe, trombette, tamburi e clarinetti somministrò loro lo sciroppo color argento e, per esser sicuro dell’esito finale, nuovamente propinò fino all’ultima goccia anche lo sciroppo rosso passione poi, con il piglio da torero vincitore, riprese la sua posizione da maestro.
−Su, su cari muchachos. Non possiamo abadonar ahora! E unos, e dos, e tres …− ma quando alzò il braccio, la bacchetta gli sfuggì di mano, roteò cinque volte su se stessa e finì dritta dritta tra i ferri da calza di nonna Elsa.
La cara nonnina che sferruzzava da mattino a sera per preparare maglioni ai nipoti, ai figli e a qualche amica con l’artrite, non s’accorse che stava usando proprio la bacchetta di Pedro.
−Toh! Ma guarda com’è comodo questo strano ferro da calza. Viaggia da solo e si muove veloce come la lingua di quella pettegola della mia vicina! − diceva meravigliata mentre faceva provare il maglione al nipotino che non appena l’ebbe indossato iniziò a zufolare come un usignolo.
−Ma Landolfo cosa ti succede? Non fischiare in quel modo ti sentiranno tutti, disturberai il vicinato – diceva la nonna non capendo che quella era una zufolata intonata e non una gracchiata smodata. Ma lui niente, non voleva sentir ragioni e continuava a fischiettare. E fischiava e cantava con tutto il fiato che aveva nei polmoni, di giorno e di notte ricevendo anche una multa per disturbo della quiete pubblica.
Ormai la salvezza della Banda era quasi raggiunta. Sciroppi, bacchetta e maglioni avrebbero risolto tutti i problemi di salute, ma soprattutto avrebbero nuovamente reso amici i paesani, le questioni e i litigi finalmente sarebbero cessati.
Per quindici giorni la nonna ebbe il compito di preparare 22 maglie, uno per ogni bambino-musicante e finalmente la Banda di Roccaporletta tornò ad essere quella di sempre, vincendo non solo la Maratonfiato ma anche le gare in tv.
La Gaglioffo Band fu estromessa da ogni partecipazione a qualsiasi gara canora; i membri si sciolsero, si sciolsero proprio come neve al sole perché non avendo vinto, la maledizione non aveva più senso di esistere.
E il Pifferaio di Hamelin?
Rimase a Roccaporletta, smise di suonare e aprì un laboratorio di medicinali che distribuì gratuitamente ogni qualvolta ve ne fosse stato bisogno.
Il Signor Sindaco, meravigliato dall’enorme lavoro onesto intrapreso, lo volle ricompensare lasciandogli organizzare un nuovo appuntamento che sarebbe entrato negli annali della storia come la F.A.M.M. ovvero Festa dell’ Amicizia Musicale Mondiale.
− Caaaro signor Pifferaio, durante la seeerata di apertura del priiimo appuntamento della F.A.M.M., daaaremo la cittadinanza ooonoraria a Pedro Gonzales y Rodriguez, colui che ci ha salvato dal Grassusgrossusbacillusmalevolusmusicalis faaacendoci vincere la Maratonfiato e… − continuò in tono solenne, il signor Sindaco− … glielo consegnerà lei.
In verità, il Pifferaio non era molto contento di consegnare questa cittadinanza onoraria, che poi non aveva ben capito cosa fosse, ma vedendo come si viveva bene in quel ridente paesino in provincia del Mare dove finalmente tutti andavano d’accordo, ebbene, compì quel gesto con grandissima umiltà.
E mai come questa volta, tutti vissero felici e contenti.

Racconto di Giovanna Dresco