Artemisia Gentileschi, pittrice appassionata
Artemisia Gentileschi è nata a Roma nel 1593 ed è morta a Napoli nel 1653; è stata una delle più importanti pittrici italiane. È considerata un’artista di scuola caravaggesca, per le sue pennellate che riprendono lo stile del grande Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio.
Artemisia viene educata all’arte dal padre fin da quando era bambina. Il padre era il pittore toscano Orazio Gentileschi. È lui che le ha insegna a disegnare, a impastare i colori e a dare lucentezza ai dipinti: all’epoca infatti le donne non potevano frequentare alcuna scuola o bottega d’arte.Nel 1616 però venne accettata nell'Accademia delle Arti del Disegno, prima donna a godere di tale privilegio.
La sua vita fu segnata da un tragico evento, infati subì lo stupro da parte di un altro pittore, Agostino Tassi, ma riuscì a vincere il processo, cosa non da poco per una donna a quei tempi. Dopo il padre combinò per lei un matrimonio con un modesto artista fiorentino, che servì a restituirle, violentata, ingannata e denigrata da Tassi, uno status di sufficiente onorabilità. Ma grazie alla sua arte fu una donna indipendente, soprattutto sul piano economico, al punto di poter abbandonare il marito e crescere da sola le figlie, divenendo così una figura simbolo del femminismo e del desiderio di emancipazione dal potere maschile.
Le opere di Artemisia Gentileschi raccontano la storia di donne coraggiose, capaci di lottare a costo della propria vita per dimostrare di esistere. Le protagoniste di quei dipinti sono le eroine della Bibbia, ma se guardiamo i suoi quadri con attenzione possiamo facilmente cogliere dietro quei volti il suo viso.
In un mondo, quello dell’arte, a quei tempi prettamente maschile, Artemisia rappresentò un’eccezione di talento e carattere.
Se volete sapere di più della vita e le opere di questa grande pittrice potete consultare la pagina di Wikipedia che ne parla.
Ecco alcune delle sue opere più famose: La conversione della Maddalena (1615-1616), la Giuditta con la sua ancella (1625-1627), Giuditta che decapita Oloferne, 1620 circa.